La storia di Ama

Data di pubblicazione:
04 Marzo 2020
La storia di Ama

All'inizio delle Prealpi Orobiche vi sono dei luoghi stupendi che nonostante possiedono i requisiti per una buona villeggiatura sono per lo più sconosciuti. Tra queste località, ecco la ridente frazione di Ama, certamente da annoverare fra le più interessanti stazioni climatiche di media montagna. Davanti al tessuto edilizio fra antico e moderno; ai templi di venerata memoria che imprimono allo spirito un profondo senso religioso; ai reperti di torri e fortezze che sono le pagine eloquenti di guerre di predominio; al monumento che ricorda l'olocausto dei migliori per la Patria; alla fioritura di costante primavera che colpisce ed affascina; alla bellezza panoramica che imprime gioiosa attenzione, non si può non chiedersi come abbia fatto questo antico villaggio - luogo di sosta per un pugno di nomadi pastori - a diventare un centro così stimolante. Secondo gli storici il Borgo sarebbe sorto in epoche remote quando giunsero nella zona dei pastori con folti gruppi di pecore: trovando nella località una fitta foresta si fermarono con la speranza di non essere visti e depredati da orde selvagge provenienti dalle valli Seriana e Brembana. Lo sviluppo fu opera di alcune persone fuggite da Aviatico: infatti al tramonto del 999 un gruppo di vandali di passaggio allo scopo di preparare il terreno alle loro rapine divulgarono la voce che il mondo sull'alba del Mille si sarebbe dissolto nel nulla. Alcuni abitanti abbandonarono le loro dimore e fuggirono sul monte Ruina (ora Cornagera) nascondendosi nei canaloni. Passato il giorno del temuto cataclisma, alcuni di quei fuggiaschi anziché ritornare alle loro baite scesero dalla parte di levante e si stanziarono sopra un pianoro esistente nei pressi del vertice del monte Nigromo. Nel tempo, con l'aumento di abitanti fissi, sorse nella montana zona un piccolo villaggio che prese il nome di «Ama». Riguardo all'etimologia lo storico Bonzano è propenso a credere che il nome provenga da «amaca», mutato attraverso gli anni per ragioni fonetiche in «Ama». Era una sorta di letto pensile ottenuto con lunghi rami legati tra un albero e l'altro, usato per riposo da alcuni pastori. Un faceto scrittore del tempo disse invece che il nome deriva da uno scherzo di gelosia verso Ganda: cioè Amora «ama» Selvino. 

La vita dei pastori era tremenda: dormivano nelle pelli di fiere, sopra letti pensili di frasca; si cibavano di roditori sconosciuti e di frutta selvatica colta dagli alberi. Con l'arrivo degli abitanti scesi dal monte Ruina, il regime di vita cambiò e l'esistenza divenne più civile. Fu lavorata la terra; gli alberi di frutta, rinsecchiti, furono rasi al suolo e sostituiti con altri di primo germoglio; le fitte selve vennero tagliate in più parti ed i rami degli alberi usati per la costruzione di baite. 

Attraverso i secoli il villaggio di Ama subì tragiche scorrerie di vandali che seminavano rapine, distruzioni, morte; poi cruenti scontri di faida tra guelfi e ghibellini dei borghi vicini; indi la siccità che distruggeva i preziosi raccolti ed epidemie senza nome. Inoltre fu sottoposto a sanguinose invasioni quando colonne armate di Selvino cercarono di annettere la borgata di Aviatico sotto la giurisdizione amministrativa di quelle autorità. Quel drastico svolgimento di occupazione e di lotte fratricide durò per un lungo periodo di tempo: si ebbe uno spiraglio di speranza quando nel 1184 il vasto territorio del villaggio entrò a far parte della «Grande Federazione di Albino». Sotto quella garante protezione ci fu incremento in ogni campo. Il tessuto edilizio acquistò miglioramento nelle strutture architettoniche e la viabilità al centro ed in periferia resa più ampia ed agevole. Il lavoro agricolo ebbe impulso nella lavorazione della terra con metodi più idonei e la semina acquistò perfezione efficace: i pochi fedeli al culto cristiano costruirono una rustica edicola che fu messa sotto la protezione della Vergine. Poi a dare maggiore sicurezza a quella agognata nuova esistenza concorsero le autorità di Aviatico che innalzarono sopra il colle Bastia (ora Botto) una turrita roccaforte dotata di mezzi bellici di offesa e difesa. Con la disfatta di Federico I di Svevia detto il Barbarossa, la Valle Seriana entrò a far parte della Curia di Bergamo. Questo cambiamento di governo passò inosservato nel villaggio di Ama: questo perché l'esiguo numero degli abitanti si disinteressò di ogni mutamento di reggenza. 

Quando il capo della comunità di Selvino fece costruire un'ampia mulattiera che sfiorava ai margini il villaggio giungendo alle sorgenti del Rio Ré di Albino, si ebbe un rinnovo di attività: l'armentizia fu potenziata e la lana ricavata dalle pecore portata a dorso di mulo alle fiorenti industrie di Vertova e Valgandino. Alcuni contadini seminarono nei punti più assolati (fu la prima volta che ciò avveniva in montagna) dei vitigni avuti da conoscenti di Villa di Serio e Scanzorosciate, chiamati a quel tempo «piante sacre». A raccolto avvenuto i grappoli venivano lasciati per due mesi sopra tavole di legno; poi pigiati lentamente con i piedi dentro appositi recipienti. Quando il vino era a fermentazione, veniva usato come medicina o bevanda al posto dell'acqua o alimentazione con pane di grano intero. Fu tanto sorprendente quell'ardita semina che i cronisti del tempo scrissero: «delle Prealpi i contadini portano zoccoli rozzi ma possiedono cervelli fini». 

Nel 1427 essendo risorto nei comuni e nei borghi il governo delle signorie, alcuni reggenti chiesero ed ottennero di far parte della Repubblica di S. Marco, a Bergamo: il direttivo del villaggio di Ama non giudicò utile sottomettersi alla Serenissima, poiché nel luogo tutto procedeva tranquillo. Con questa neutralità la popolazione poté guardare con fiducia all'avvenire. Intanto i Lanzichenecchi scesi in Italia per la guerra della secessione di Mantova seminarono nei centri abitati della Valle Seriana la peste. Molti si rifugiarono nelle fitte selve dei monti Nigromo e Rena; altri ricorsero all'aiuto della Madonna. Cessata dopo mesi di terrore la malefica malattia, i pochi che morirono furono sotterrati nelle vicinanze dell'edicola della Vergine. 

Negli anni seguenti data la posizione isolata del villaggio ed il regime di vita dei residenti, nessun avvenimento di rilievo si registrò. L'edicola dedicata alla Vergine fu ampliata e trasformata in Cappellania, diretta da un sacerdote non fisso in quanto il tempio fu messo alle dipendenze della prepositurale di S. Giuliano di Albino. Fu solo nel 1792 che l'edificio religioso dopo essere stato completamente ristrutturato divenne chiesa; a reggerla fu designato don Giovanmaria Acerbis di Rigosa. Durante il dominio francese nel 1796 e quello austriaco nel 1815 l'esistenza della popolazione fu caratterizzata come nel passato, dalla fede, dal lavoro e dalla famiglia. Fu necessario erigere nuove case d'abitazione; cercare altre sorgenti di acqua potabile; le mulattiere del centro e della periferia furono trasformate in strade carrabili; vaste estensioni di terreno bonificate e l'edificio religioso, diventato troppo angusto, fu ampliato e messo sotto la protezione di «San Salvatore ed alla Trasfigurazione». Oltre all'affrescatura di forte effetto religioso, le opere pittoriche dell'artista Giovanni Giacomo Gavasio, di Poscante, furono migliorate nella coloritura ed in alto agli altari furono dipinte sale importanti da artisti di fama. Oggi la frazione di Ama, come si è detto, è una bella località turistica, molto sviluppata dal punto di vista estetico. Il luogo è ideale per chi desidera la solitudine e cerca la gioia della quiete. Per gite non c'è che l'imbarazzo della scelta. Percorrendo le strade che portano ai vertici dei monti Nigromo e Purito ci si stupisce dei giochi della natura. Non si può dimenticare la strada che porta a Selvino: ogni tratto è ricco di maestosa fioritura, distinta da tipiche villette di buona architettura moderna. Attraverso ardite mulattiere o la strada provinciale si arriva ad Amora e Ganda. Infine non si può ignorare la Cornagera: questo gruppo dolomitico si raggiunge con ampie mulattiere ombreggiate da annosi abeti e faggi, tra rari fiori silvestri. Al vertice di questo «monumento marmoreo», chiamato dagli antichi geologi «diabolico gruppo di Fans» si ammirano panorami affascinanti. 
Tra le opere d'arte, ricordiamo la chiesa di «San Salvatore ed alla Trasfigurazione» che proviene da un antico tempio dedicato alla Vergine: vi si possano ammirare pregevoli dipinti di epoche remote tra i quali il polittico di Giovanni Giacomo Gavasio di Poscante, la statua lignea del 1700, di scultore ignoto che raffigura la «Madonna delle Convulsioni»; decreti scritti da illustri dottori del culto cristiano e la pergamena vergata in latino, datata 16 luglio 1796, di Papa Pio VI, così concepita: «Trasfuratio domini nostri Jesu Christi d'Ama bergomensis».

Ultimo aggiornamento

Domenica 24 Dicembre 2023